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Corpo bloccato = Emozioni ridotte

  • Immagine del redattore: gerardo_m
    gerardo_m
  • 4 dic 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 29 set 2021


Le emozioni dolorose del passato si cristallizzano nel nostro corpo come tensioni e irrigidimenti che hanno la finalità di prevenire nuove ferite, di proteggerci da ulteriori dolori. È una cristallizzazione inconsapevole che ci condiziona pesantemente. Questi schemi corporei si formano nelle primissime fasi della vita, quando il bambino si trova ad associare il principio biologico della ricerca del piacere, con le esperienze della frustrazione, della deprivazione, del dolore. Il beneficio in termini di sicurezza e più che controbilanciato dalla rinuncia inconsapevole al piacere e persino al desiderio del piacere.


Duplice è l’effetto del corpo bloccato, è bene ribadirlo. Da un lato, esso limita – anche di molto – lo spettro delle emozioni che possiamo sentire. Dall’altro – e forse con un impatto più profondo sul nostro potenziale emotivo – esso interferisce con la raffigurazione non solo della realtà passata e presente, ma anche di quella futura. Non si tratta dunque soltanto di repressione delle emozioni, ma – peggio – di emozioni che è impossibile sentire perché non si è in grado di immaginare e vivere l’esperienza cui associarle. Usando una metafora, voler provare nuove emozioni con un corpo bloccato non è soltanto come pretendere di attraversare il mare in automobile (per farlo ci vuole un mezzo di trasporto diverso: un natante, cioè un corpo sbloccato). Purtroppo è molto peggio; il corpo può essere bloccato al punto di non riuscire a percepire l’esistenza del mare, figuriamoci di immaginare di attraversarlo.


Si genera dunque un circolo vizioso: i blocchi corporei impediscono una vita soddisfacente, generando nuovi eventi dolorosi od emozioni negative (come tristezza, scoraggiamento, frustrazione, disprezzo per se stessi, rabbia), che a loro volta contribuiscono a mantenere – se non a rinforzare – i blocchi corporei. Il che può generare anche effetti paradossali, come quello – evidenziato da Alexander Loewen, il padre della bioenergetica – dell’ansia che colpisce l’individuo con un corpo bloccato proprio quando finalmente riesce a lasciarsi andare a momenti di maggiore espressione. Come un carcerato che dopo vent’anni di prigione ha paura di tornare libero ed è preda dell’agorafobia quando varca la soglia del carcere.


Deriva da qui – come ricorda Irvin Yalom – il limite di molti approcci “vitalistici” che ritengono che il malessere esistenziale derivi da blocchi delle capacità di decidere e agire. Ad essere bloccato è anche – se non soprattutto – il corpo, che impedisce che si sentano appieno le emozioni positive che accompagnano gli antecedenti di tali capacità: l’immaginazione e il desiderio.


Si può dunque estendere al corpo quello che già anni fa sosteneva Giovanni Jervis discutendo di realizzazione di sé: “Se non vediamo i limiti di cui siamo stati prigionieri fino ad oggi, è ovvio che ci autoinganniamo sulle possibilità future (…)”.


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