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Qualche riflessione sulla creatività

  • Immagine del redattore: gerardo_m
    gerardo_m
  • 12 gen 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 29 set 2021

In qualsiasi studio sulla creatività si parla di due modi di pensare: il pensiero analitico, strutturato, frutto della concentrazione; il pensiero intuitivo, associativo, frutto della divagazione. In tempi recenti è stata abbandonata l’idea – rivelatasi infondata – che le persone più analitiche usassero di più l’emisfero sinistro e quelle più intuitive l’emisfero destro (il viceversa per i mancini). In realtà tutti usano tutto il cervello e non c’è un modo di pensare migliore dell’altro; ciascuno dei due modi ha punti di forza e di debolezza.


Ma si può andare oltre queste considerazioni, ricordando che all’atto creativo partecipano non solo i pensieri, ma anche le emozioni e le percezioni, che arricchiscono di stimoli il processo creativo. Per creare può quindi essere utile fare qualcosa che ci emozioni: sentire della musica, fare l’amore, telefonare a un amico, andare a vedere una mostra, ecc.. La motivazione contribuisce a caricare emotivamente il processo creativo: già solo immaginare il raggiungimento di un obiettivo fa sorgere delle emozioni che influenzano la creazione. Molte di queste emozioni possono essere positive perché legate all’anticipazione dell’entusiasmo per il raggiungimento dell’obiettivo; altre emozioni possono essere negative, in particolare per la paura di non farcela. In questo caso conviene darsi degli obiettivi alla propria portata, oppure dividere il processo creativo in una sequenza di fasi, ottenendo così un duplice effetto: ridurre l’ansia da prestazione, visto che ogni sotto-obiettivo appare più raggiungibile, e aumentare la gratificazione per il raggiungimento di ogni passo intermedio, alimentando la motivazione per affrontare quello successivo.


Anche la quantità e la varietà delle percezioni che arrivano dal contesto agevola il processo creativo. Può essere utile allora muoverci, saltare, ballare, fare sport; ed è anche importante non stare sempre negli stessi ambienti. Anche in questo caso non c’è un meglio o un peggio: sia stare più sui pensieri che stare più su percezioni ed emozioni ha vantaggi e svantaggi.


Inoltre nel processo creativo si può stare da soli o stare in gruppo. C’è stata negli anni scorsi una moda del lavoro creativo in gruppo, che ad esempio ancora oggi condiziona il modo in cui si lavora negli uffici (open space, riunioni continue, brainstorming, weekend di team building, e così via). In realtà non è vero che in gruppo si crea meglio che da soli; anche in questo caso ciascuna delle due condizioni ha vantaggi e svantaggi. In particolare – qualcuno ha iniziato a capirlo anche negli uffici (ad esempio in quelli di Amazon) – il lavoro di gruppo genera conformismo, appiattimento delle idee, estinzione delle posizioni dissonanti; insomma, il contrario della creatività...Ovviamente anche lavorando da soli c’è un grande rischio, quello dell’autoreferenzialità, della mancanza di confronto critico, della mancanza di emozioni che derivano dallo stare cogli altri.


Il lavoro di gruppo offre un rilevante vantaggio, quello di poter mettere insieme persone con competenze diverse. L’interazione tra aree disciplinari diverse ha un potenziale creativo enorme. Ma anche qui ci vuole cautela e buonsenso: è soltanto con un approccio specialistico – centrato cioè su un insieme ristretto di conoscenze e di competenze – che si può andare veramente a fondo dei dettagli di un processo creativo.


Infine: è vero che si crea meglio in silenzio? Il silenzio ha certamente il vantaggio di favorire sia la concentrazione che la divagazione. Ma ovviamente se si crea in gruppo non si può stare in silenzio…


Un ruolo importante lo svolge la musica; la musica viene infatti percepita in aree cerebrali diverse da quelle di percezione dei rumori e del linguaggio ed è poi trasmessa ad aree cerebrali – come quelle relative all’affettività – che non hanno connessione con le aree del linguaggio e del pensiero strutturato. La musica consente di esprimere e percepire emozioni senza condizionamenti linguistici, morali e razionali; allo stesso tempo, la musica ha una struttura (ritmica, armonica). Come sottolinea Oliver Sacks: “La musica, unica tra le arti, è al tempo stesso completamente astratta e profondamente emozionale”. Insomma, con della musica di sottofondo si creano condizioni completamente diverse per il processo creativo…


Tutte queste considerazioni spingono verso un approccio integrato alla creatività. Non si tratta di decidere se fare una cosa o se farne un’altra (pensieri o emozioni/percezioni? pensiero strutturato o pensiero intuitivo? in gruppo o da soli? in silenzio o con la musica?). Si tratta invece di fare una cosa E di fare anche l’altra. Ancora meglio è passare da una cosa all’altra, alternando momenti diversi, anche più volte (ad esempio: prima da soli, poi in gruppo, poi di nuovo da soli, poi di nuovo in gruppo, e così via). Più in generale, può essere utile passare da un approccio all’altro fino a quando questo continuo altalenare genera una fase di caos creativo (con produzione di molte idee nuovi, spunti, intuizioni) alla quale far seguire una fase di osservazione e strutturazione di ciò che è emerso, per poi ricominciare eventualmente da capo...

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